La Resurrezione di Cristo di Tiziano è un opera realizzata dal pittore veneziano tra il 1542 e il 1544 e tuttora conservata presso la Galleria Nazionale delle Marche.
La Resurrezione di Cristo di Tiziano era parte di uno stendardo processionale commissionato a Tiziano dalla Confraternita del Corpus Domini di Urbino.
Nello stesso stendardo era presente anche la sua Ultima Cena.
Sebbene in origine le due opere fossero presenti sullo stesso stendardo, nel 1545 vennero separate dal pittore Pietro Viti e furono esposte ai lati dell’altare maggiore della chiesa della Confraternita.
L’opera e i committenti
Come anticipato, Tiziano aveva realizzato uno stendardo costituito dalla Resurrezione e dall‘Ultima Cena, il tutto commissionato dalla Confraternita del Corpus Domini di Urbino.
Dopo essere stata realizzata a Venezia, l’opera arriva a Urbino ed entra in possesso della famiglia Della Rovere, tra le principali famiglie di committenti di Tiziano.
L’opera, dopo essere stata trasferita nelle Marche, fu staccata dallo stendardo e posta ai lati dell’altare maggiore nella chiesa della confraternita.
In seguito al matrimonio dell’ultima discendente della famiglia, Vittoria, con Ferdinando II de’ Medici, questi capolavori passarono nelle collezioni fiorentine dei Medici.
Ad oggi la Resurrezione è l’unica opera rimasta ad Urbino commissionata in origine dalla famiglia della Rovere.
Lo stile e le caratteristiche
La Resurrezione è divisa in due parti.
Nella zona inferiore, realizzata con rette oblique e spezzate che conferiscono movimento e drammaticità all’insieme, sono ritratti i soldati in agitazione e il sarcofago vuoto.
Al contrario, nella parte superiore, si eleva il Cristo benedicente su un cielo albeggiante, con sembianze statuarie. Nella Resurrezione l’effetto drammatico è accentuato dall’intenso luminismo.
La figura del Cristo Risorto, eroicamente rappresentato in alto, è colta in un atteggiamento da scultura classica, rappresentata contro lo sfondo del cielo al tramonto.
L’asse compositivo è costituito dallo spigolo del sarcofago, che si prolunga idealmente nella figura di Gesù, la cui statuaria serenità si contrappone alla concitazione e al movimento dei personaggi della parte inferiore del dipinto.