Il Louvre nelle pagine di Émile Zola

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Il Louvre.

Non c’è bisogno di dilungarsi troppo su quello che è, senza dubbio, il museo più famoso del mondo. 

Descritto e rappresentato in ogni modo possibile, sfondo di tantissimi film, viene citato in letteratura da che se ne abbia memoria. Tra tutti i libri che ne celebrano gli spazi e le incredibili collezioni (come dargli torto), c’è però uno scrittore – per di più Parigino – che in una sua opera del 1877, trasforma un episodio al Louvre in un atto di accusa contro il museo. 

Di chi stiamo parlando?

Di Émile Zola, tra i romanzieri francesi più apprezzati, pubblicati, tradotti e commentati in tutto il mondo. Il libro in questione è L’ Assommoir, tradotto come “Lo scannatoio” o “L’ammazzatoio” e pubblicato per la prima volta in Italia nel 1878, un anno dopo l’uscita in Francia. 

Émile Zola

I due protagonisti, una coppia di fidanzati, Gervaise e Coupeau, per un imprevisto nel giorno del loro matrimonio si ritrovano con tutti i loro invitati al museo. Inizia così il loro tour:

“Diamine! non vi faceva caldo! quella sala sarebbe stata un’ottima cantina. E lentamente le coppie procedevano col mento levato in su, battendo le palpebre fra i i colossi i pietra, gli dei di marmo nero (…), le bestie mostruose mezzo donne con facce di morte (…) essi trovavano tutto ciò bruttissimo. “ 

Louvre

Quando il gruppo prosegue nelle altre sale, le cose non migliorano di certo. Davanti alla Gioconda di Leonardo, “Coupeau si fermò innanzi alla Gioconda, in cui trovò una rassomiglianza con una sua zia”.

La comitiva continua la visita, arrancando da una sala all’altra, fino a perdere l’orientamento e perdersi lungi sette od otto sale, deserte, fredde, guernite unicamente di bacheche severe, ove stavano in linea una quantità innumerevole di pignatte rotte e di figurine bruttissime.”

Alla fine riescono ad uscire, stremati e affaticati, dal museo.

Zola contro il museo

Émile Zola, nel suo Assomoir, che è in realtà un brano molto analizzato e commentato, porta avanti una vera e propria invettiva non solo nei confronti del Louvre, ma in generale contro l’istituzione che rappresenta.

Zola evidenzia come il pubblico, nonostante ne riconosca il valore, andando perciò a visitarlo, si senta poi escluso e discriminato dai messaggi che quel museo veicola.

In sostanza il Louvre, nelle pagine di Zola, è un separatore di classe che rende inferiori coloro che non sono in grado di interpretarne i valori.

Resterebbe da chiedersi se dopo più di un secolo, l’opinione di Zola sia ancora attuale.

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