La Danae di Tiziano, fa parte della collezione permanente del Museo Capodimonte di Napoli.
Danae: il mito
Danae era figlia del re Acrisio e principessa di Argo.
Secondo il mito che la vede protagonista, ella avrebbe generato un figlio a sua volta destinato ad uccidere il nonno, Acrisio. Quest’ultimo per scampare alla morte per mano del nipote, rinchiuse la figlia in una torre.
Giove però, trasformatosi in pioggia d’oro, raggiunse Danae e dalla loro unione nacque Perseo. È questa la storia a cui Tiziano si ispira per la realizzazione della tela che, iniziata a Venezia nel 1545, viene terminata a Roma tra il 1546 e il 1547.
La storia
L’opera, la cui commissione fu per molto tempo erroneamente attribuita a Ottavio Farnese, fu ordinata da suo fratello Alessandro.
L’identità del committente è stata confermata grazie al ritrovamento del carteggio di Monsignor Della Casa, nunzio papale nel 1544. Come ulteriore riprova, nel volto della donna è stata riconosciuta una tale Angela, amante di Alessandro Farnese e celebre cortigiana dell’epoca.
Ma questo è solo l’inizio, la Danae di Tiziano ha infatti una storia a dir poco travagliata: nonostante l’opera presentasse un soggetto più volte ripreso nella storia dell’arte tanto che lo stesso Tiziano ne realizzerà più versioni, venne accusata di una carica erotica troppo forte e colpita dalla censura, fu relegata nel “Gabinetto delle cose oscene” di Capodimonte.
Poi trafugata dai nazisti, venne ritrovata in una miniera di Salisburgo e portata nuovamente a Napoli solo nel 1947.
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Lo stile
Tiziano dipinge la Danae prendendo a modello diverse opere.
Sicuramente la Leda di Michelangelo e la Notte, sempre del Merisi, ma anche la Danae di Correggio, la Venere di Dresda di Giorgione e la sua stessa Venere di Urbino.
C’è però un elemento tecnico che contraddistingue la Danae di Tiziano rispetto a tutte le altre opere, o meglio è l’assenza di questo elemento a renderla pressoché unica: manca il disegno.
Tiziano non preparò nessuno schizzo sotto la pittura e, a confermarlo, è niente di meno che Michelangelo, il quale vide l’opera rimanendone piacevolmente colpito – specie nell’utilizzo del colore – ma espresse delle riserve proprio per la mancanza del disegno. Oggi gli studi ai raggi X gli hanno dato ragione confermandone l’assenza.
Eppure l’opera non risente di questa mancanza, anzi: le pennellate ampie e morbide rendono quest’opera di Tiziano sicuramente più libera stilisticamente e meno legata ai canoni di plasticità dell’epoca e dei suoi lavori precedenti.
Danae, stesa su un lenzuolo bianco, è ritratta con lo sguardo verso l’alto e il corpo rilassato. L’unione con Giove è legittimata da un sentimento amoroso, come indica la presenza del Cupido alato, chiaro riferimento alla cultura classica.
Le altre versioni di Danae
Come precedentemente anticipato, Tiziano ha realizzato diverse versioni di Danae.
Quella di Capodimonte è la prima dal punto di vista cronologico e dal suo cartone l’artista ne realizzò almeno altre sei, ognuna con delle varianti per compiacere i diversi committenti: con il Cupido, con la custode, con la pioggia o con i lampi e fulmini, con il cagnolino o senza, con il lenzuolo o senza.
Di queste versioni, oggi alcune si trovano in importanti musei internazionali: la Danae del 1553 al Museo del Prado di Madrid, la Danae del 1554 esposta al Kunsthistorisches Museum di Vienna e la Danae, sempre risalente al 1554, è all’ Ermitage di San Pietroburgo.