Nel Fu Mattia Pascal, Pirandello è agli Uffizi.
Il celebre romanzo di Luigi Pirandello, pubblicato per la prima volta nel 1904, vide inizialmente la luce diviso a puntate sulla rivista, ancora oggi esistente, Nuova Antologia.
Il romanzo esplora tutti quei temi che sarebbero poi stati ripresi in Uno, nessuno e centomila: l’identità, la realtà e l’illusione.
Il Fu Mattia Pascal agli Uffizi
Anche Pirandello inserisce un museo all’interno del suo romanzo, anzi si sofferma in particolare su un dipinto lì conservato.
Di che museo si tratta? Proprio della Galleria degli Uffizi a Firenze.
Nell’undicesimo capitolo del Fu Mattia Pascal, Adriano Meis (Mattia) è a casa della famiglia Paleari a Roma, in via Ripetta.
È qui che la signorina Caporale, maestra di musica della famiglia e affittuaria, pone la sua attenzione su un anello indossato dal protagonista, il quale le racconta le circostanze nelle quali gli è stato regalato:
Come vuole lei; ma guardi, io posso finanche dirle che il nonno m’aveva regalato quell’anellino a Firenze, uscendo dalla Galleria degli Uffizi, e sa perché? Perché io, che avevo allora dodici anni, avevo scambiato un Perugino per un Raffaello.
La cultura dei conoscitori: Pirandello e Ugo Fleres
Pirandello, il quale fu appassionato d’arte e assiduo frequentatore non solo di musei ma anche di mostre, gallerie e circoli artistici, fa qui riferimento al dipinto Ritratto di giovane (1485-90), attribuito al Perugino.
Con l’espediente di quest’opera che non viene mai espressamente citata con il suo titolo ma solo tramite l’errore nell’attribuzione dell’artista, Pirandello presenta al lettore quella che, a inizio novecento, era chiamata “cultura dei conoscitori”, ovvero la capacità da parte di un esperto di attribuire la paternità a una determinata opera, oggi meglio conosciuta come attribuzionismo.
Pirandello infatti si interessò alla cultura dei conoscitori grazie a un suo amico, Ugo Fleres, storico dell’arte e poi direttore della Galleria d’arte moderna e contemporanea di Roma, il quale affermava “Va’, gira un po’ per i musei e poi mi saprai dire qual è la roba vera e quale la falsa, e che differenza c’è”.