L’opera del pittore messinese, tra le sue più celebri, è la punta di diamantate delle collezioni della Galleria Regionale della Sicilia – Palazzo Abatellis a Palermo.
Quest’opera, oltre ad essere di una bellezza che lascia senza fiato, è famosa per la sua rappresentazione estremamente originale; una vera e propria rottura con la classica iconografia dell’Annunciazione.
L’Annunciazione italiana
Il giorno dell’Annunciazione fu fissato dalla chiesa nove mesi prima di Natale, vale a dire il 25 marzo. L’Annunciazione è il dialogo tra Maria e l’angelo Gabriele il quale le annuncia che, tra tutte le donne, è stata scelta proprio lei per dare alla luce il figlio di Dio.
L’iconografia dell’Annunciazione vede la presenza dei due protagonisti: Maria e l’angelo Gabriele.
Solitamente l’angelo si trova a una distanza rispettosa da Maria e spesso sono separati da un dettaglio architettonico come una colonna, un muretto o una porta. Questa distinzione degli spazi, è un espediente che serviva ai pittori per segnare il passaggio dallo spazio divino a quello umano.
Maria di solito è dipinta all’interno di una stanza o al riparo di un loggiato occupata nella lettura di un libro, chiaro riferimento alla preghiera e al raccoglimento che l’hanno preparata alla venuta di Dio.
Sullo sfondo un’apertura (una finestra, una porta, un arco, etc.) affaccia su un giardino fiorito simbolo del paradiso perduto ma soprattutto della verginità di Maria; il così detto hortus conclusus.
Nella celebre Annunciazone di Beato Angelico la superficie dell’opera è suddivisa in tre zone chiaramente distinte da elementi architettonici: il giardino, l’arcata dell’Angelo e l’arcata della Vergine. Proprio a sottolineare tre diversi spazi temporali.
In alto a sinistra un raggio di luce divina attraversa la colomba dello Spirito Santo e illumina la Vergine, che remissiva accetta il suo incarico.
Sullo sfondo la cacciata di Adamo ed Eva dall’Eden, simbolo della dannazione dell’umanità che verrà salvata dall’avvento di Cristo reso possible dall’accettazione di Maria.
La simbologia dell’Annunciazione
Come ogni quadro a soggetto religioso, l’Annunciazione rispetta dei codici ben precisi e gli oggetti rappresentati hanno una forte valenza simbolica: il leggio e il libro sono riferimenti alla preghiera; Maria porta un mantello azzurro simbolo di spiritualità e contemplazione. Mentre il rosso della sua veste è simbolo di carità e allusione alla passione di Cristo; il giglio che spesso compare in mano a Gabriele, è simbolo di purezza, grazia, e della maternità verginale di Maria.
La rivoluzione di Antonello da Messina
L’Annunciata di Antonello da Messina rappresenta una vera e propria rivoluzione sia per l’iconografia sia per la maniera in cui è trattata la figura di Maria.
Al contrario delle più comuni annunciazioni, l’artista ritrae Maria da sola; o meglio, apparentemente sola.
Il sottile alito di vento che scompone le pagine del libro appoggiato sul leggio è infatti segno dell’arrivo dell’arcangelo che muove l’aria attorno a sé.
Anche se non è raffigurato, è possibile percepire presenza dell’arcangelo Gabriele che, giunto per annunciarle la nascita di Gesù, è proprio lì, di fronte a lei: fuori dalla composizione, nella posizione in cui ci troviamo tutti noi che osserviamo il dipinto.
Nell’opera di Antonello da Messina ritroviamo solo due degli oggetti tipici di questa genere di rappresentazione: il libro e il leggio. L’inquadratura cinematografica non lascia spazio per nient’altro all’infuori del giovane volto di Maria, che l’artista ritrae come una sposa bambina.
«la man più bella che io conosca dell’arte»
Maria è colta alla sprovvista e spaventata: la mano, protesa in avanti, vuol quasi bloccare il messaggio dell’angelo con un soprassalto di pudica sorpresa ma anche d’interrogazione.
Con quel leggero movimento della mano, sembra che Maria stia dicendo all’angelo di non procedere oltre, perché non era preparata a questo incontro.
Non possiamo che convenire con Longhi quando affermava che questa piccola mano affusolata fosse «la man più bella che io conosca dell’arte»
Riducendo al massimo la presenza di oggetti che facciano riferimento al divino e concentrandosi sulla delicatezza del momento narrato, Antonello da Messina è stato il pittore che più di tutti è riuscito a vincere la più grande sfida imposta dalla pittura: riuscire a rappresentare l’imprevedibile, l’invisibile ovvero il mistero dell’incarnazione.
Questa è un’opera che noi di Artsupp amiamo in particolar modo e siamo orgogliosi di potervela regalare in alta qualità! La trovate infatti nel profilo di Palazzo Abatellis, uno dei 500 musei partner ufficiali di Artsupp, basterà cliccare sull’immagine per ammirarla in alta definizione in tutto il suo splendore!