Protagonista è la città.
Attraverso le immagini della mostra, il cannocchiale del tempo restituisce una Venezia in contrasto con quella che abbiamo visto provata dalla marea, svuotata dal contagio, offuscata e struggente. Riaffiora qui quel prodigioso organismo urbano e civico, che sfugge nella sua complessità anche ai tentativi ottocenteschi di afferrarlo tutto intero con le prime, spettacolari prove di realtà immersiva.
‘Come vivremo insieme?’ è il titolo della Biennale Architettura, che apre fra poco. Noi ci chiediamo ‘Qual è l’immagine di Venezia che vorremmo?’. A milleseicento anni dalla sua fondazione questi scorci e panorami aprono un mondo nuovo, tutto da indagare.
L’opera straordinaria attorno alla quale si sviluppa l’intera esposizione è quella dipinta nel 1887 dal pittore e decoratore veneziano Giovanni Biasin. E’ la più grande veduta di Venezia mai realizzata. Conservata nelle collezioni dell’antica Accademia dei Concordi di Rovigo, viene esposta per la prima volta alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia dopo il recentissimo restauro conservativo che ne ha recuperato i colori originali.
Le sole dimensioni di questo singolare documento, una tempera su carta, bastano a sottolinearne l’eccezionalità: alta poco più di un metro e settanta, la veduta si sviluppa per ventidue metri di lunghezza. Più che una ‘veduta’ è un ‘panorama’ della città.
La mostra, aperta fino al 12 settembre 2021, nasce dal desiderio di presentare a Venezia, oltre un secolo dopo, lo sguardo originalissimo di Biasin sulla città, ma è anche l’occasione per ricostruire, attraverso una sessantina tra incisioni e dipinti, quel viaggio avvincente che parte dalle minuscole vignette xilografiche quattrocentesche, concentrate quasi soltanto su Piazza San Marco, e si allarga man mano a scorci sempre più vasti dello skyline di Venezia, fino ad abbracciarne l’intero orizzonte.
Giovanni Biasin
Giovanni Biasin si forma all’Accademia veneziana di Belle arti dove ha come maestri, tra gli altri, Giuseppe Borsato e Giovanni Pividor. Presto si trasferisce a Rovigo e diventa il decoratore principe del Polesine. Ville, palazzi di città, ritrovi pubblici, uffici lo vedono all’opera e i committenti ne apprezzano le qualità e la versatilità. Affreschi, stucchi, rilievi, rivestono pareti e soffitti in stile moderno e forme eclettiche.
Assieme al figlio Vittorio elabora e brevetta un tipo particolare di papiers peints che usa soprattutto nelle stanze private delle dimore che decora. Sono anni di frenetico aggiornamento degli ambienti domestici e di tecniche suggestive nel costruire paesaggi illusionistici e panoramiche. Nel 1887 partecipa con un piccolo olio su tela, Viatico, all’Esposizione Nazionale Artistica, per la quale viene anche chiamato a decorare il grande Atrio dell’ingresso da terra.
Le Esposizioni Nazionali Artistiche sono un’iniziativa della giovane Italia unita e si tengono a turno in giro per l’Italia. La sesta di queste esposizioni tocca a Venezia. Per ospitare la manifestazione che dura sei mesi (antesignana della futura Biennale, che nasce di lì a poco, nel 1895) il Comune mette a disposizione l’area dei Giardini Pubblici, a condizione che il verde non venga toccato, e fa costruire una grandiosa struttura temporanea per accogliere le centinaia di opere inviate da artisti e industrie artistiche da tutto il Paese. Ed è proprio per questa occasione che Biasin realizza il grandioso Panorama di Venezia. Curiosamente dell’opera non si trova però traccia nei numerosi reportage critici dell’Esposizione.
Il ‘Panorama di Venezia’ di Giovanni Biasin
Utilizzando un lungo rotolo di carta rinforzata e servendosi di colori a tempera assai vivaci, Biasin rappresenta Venezia a 360°. Il punto di ripresa, a livello dell’acqua, è approssimativamente il centro del bacino di San Marco, anche se l’artista introduce delle varianti e delle forzature prospettiche per consentirsi un più efficace ritratto della città.
Iniziando dai Giardini di Castello e proseguendo all’intorno, per poi tornare chiudendo il cerchio, l’artista anima la sua veduta inserendo piacevolissimi dettagli di monumenti, edifici, giardini e imbarcazioni dando all’insieme un tono leggero e narrativo.
Ancora oggi è possibile ritrovare esattamente le sue impressioni: basta montare il panorama su un grande tamburo attorno all’osservatore ed ecco una visione più che suggestiva della Venezia di fine Ottocento.
Ed è proprio quello che accade a chi visita questa mostra. Un’esperienza immersiva ante litteram tra gondole, battelli a vapore con i loro pennacchi di fumo, omnibus d’acqua (quelli che presto saranno chiamati ‘vaporetti’), divise militari, veneziani a passeggio e il grande suggestivo verde dei Giardini, che ospiteranno di lì a poco la celeberrima Esposizione Internazionale d’Arte, la ‘Biennale’, appunto.
La scena è vivacissima e punteggiata di figure e attimi di vita che restituiscono forse l’immagine pittorica più ricca e fedele della Venezia di fine ‘800.
Tante le domande aperte… sull’opera
Perché dipingere quest’opera su un supporto così fragile? È quasi un miracolo che un dipinto di tali dimensioni, su carta, sia giunto fino a noi. Com’era presentato questo panorama? Su un muro solo o su più muri? Era esposto per intero o a sezioni? E ancora: perché non compare nel catalogo dell’Esposizione tra le opere di pittura? Perché ne venne realizzata una seconda versione a quattro mani, insieme al figlio Vittorio? E se Giovanni Biasin avesse concepito il suo panorama proprio come un grande papier peint decorativo quale risarcimento al pubblico della veduta sul Bacino impedita dal padiglione? La gigantesca tempera è ancora lontana dall’aver sciolto tutti i quesiti che si pongono spontaneamente a chi la osserva e la studia.
Il Panorama di Biasin conserva racchiuso in sé tutto il fascino di un esperimento inedito, di un genere ibrido e a suo modo indefinibile, il cui stesso impiego, per le insolite misure e per la difficoltà di maneggio, creava qualche problema di non facile soluzione. Biasin ha lavorato in un equilibrio instabile, ha cercato volenterosamente una strada espressiva insolita sfidando, oltre al resto, la concorrenza agguerrita dei nuovi generi: quella fotografia grandangolare, quei sistemi di stampa in policromia che erano resi possibili, ad esempio, dalla cromolitografia o dalla serigrafia; mettendosi in competizione infine, anche con quelle immagini in movimento che il cinematografo stava lanciando sul mercato con effetti inediti e di grande suggestione. Proprio a Venezia, i fratelli Lumière stavano sperimentando l’utilizzo, per la prima volta, della macchina da presa in movimento per la realizzazione di una rivoluzionaria pellicola. La chiameranno, guarda caso, ‘Panorama de Venise’ .
I panorami
Il panorama di Biasin non nasce dal nulla. Non tanto per le fortunatissime vedute dei pittori veneziani del Settecento e della prima metà dell’Ottocento che l’hanno in un certo senso preceduto, quanto piuttosto perché la moda e la passione dei panorami si era diffusa in Europa nel XIX secolo e con significativi successi: Londra, Parigi, Vienna e un buon numero di città e di paesaggi erano stati ritratti con panorami anche giganteschi che venivano montati in altrettanto grandi cilindri come tendoni da circo, strutture in muratura, in ferro o in altri materiali appositamente costruite.
Il pubblico poteva entrare a pagamento per vedere spettacoli che, oltre al panorama delle città e dei paesaggi, comprendevano effetti luminosi come l’alba o il tramonto o il calar della notte e l’accendersi della pubblica illuminazione, oppure episodi storici, personaggi celebri, battaglie, sfilate e altro ancora. Si arrivò, con ingegnosi meccanismi, a creare l’effetto di navigazione muovendo le tribune del pubblico e provocando scene di panico o di mal di mare: lo stesso che succederà con le prime pellicole cinematografiche. E finirà, logicamente, l’era dei panorami per lasciare il posto alla settima arte.
‘Vedere’ Venezia
Se il clou è la spettacolare ‘strisciata’ di Biasin, la mostra ripercorre, attraverso vere e proprie opere capisaldo, gli sviluppi che nel tempo hanno portato alla nascita, a fine Settecento, del termine ‘panorama’ e delle opere che ne hanno determinato la fortuna: dalla celeberrima xilografia di Erhard Reuwich di fine ‘400, al rarissimo volto di Venezia tracciato da Giovanni Merlo nel Seicento. Dalle elaborazioni tra Sei e Settecento di una curiosa Venezia dal volto nordico ai panorami ottocenteschi dei nostri più celebri incisori, impegnati a variare e ad allargare progressivamente le loro panoramiche in una sorta di gioco di testimonianza e apprezzamento dell’inimitabile volto veneziano, fino ai nostri giorni.
Caffi, Moro, Pividor e così via, testimoniano in mostra la fortuna di un genere e portano all’ammirazione del pubblico un pacchetto di opere poco note o addirittura sconosciute che per la prima volta possono anche essere accostate e comparate tra loro.
E’ anche da questo humus che nasce un unicum singolare e a suo modo straordinario come il Panorama di Biasin. La mostra si conclude con le tavole di Guido Albanello che raccoglie nel 2004 la sfida dei provetti panoramisti dell’800.